martedì 8 gennaio 2013

Senza speranze e senza futuro


Eravamo ragazzi e ci dicevano: “Studiate, sennò non sarete nessuno nella vita”. 
Studiammo.
 Dopo aver studiato ci dissero: “Ma non lo sapete che la laurea non serve a niente? Avreste fatto meglio a imparare un mestiere!”. 
Lo imparammo. 
Dopo averlo imparato ci dissero: “Che peccato però, tutto quello studio per finire a fare un mestiere?”. 
Ci convinsero e lasciammo perdere. 
Quando lasciammo perdere, rimanemmo senza un centesimo. 
Ricominciammo a sperare, disperati. 
Prima eravamo troppo giovani e senza esperienza. 
Dopo pochissimo tempo eravamo già troppo grandi, con troppa esperienza e troppi titoli. 
Finalmente trovammo un lavoro, a contratto, ferie non pagate, zero malattie, zero tredicesime, zero Tfr, zero sindacati, zero diritti. 
Lottammo per difendere quel non lavoro. 
Non facemmo figli – per senso di responsabilità – e crescemmo. 
Così ci dissero, dall’alto dei loro lavori trovati facilmente negli anni ’60, con uno straccio di diploma o la licenza media, quando si vinceva facile davvero: “Siete dei bamboccioni, non volete crescere e mettere su famiglia”. 
E intanto pagavamo le loro pensioni, mentre dicevamo per sempre addio alle nostre.
 Ci riproducemmo e ci dissero: “Ma come, senza una sicurezza nè un lavoro con un contratto sicuro fate i figli? Siete degli irresponsabili”. 
A quel punto non potevamo mica ucciderli. 
Così emigrammo. 
Andammo altrove, alla ricerca di un angolo sicuro nel mondo, lo trovammo, ci sentimmo bene. 
Ci sentimmo finalmente a casa. 
Ma un giorno, quando meno ce lo aspettavamo, il “Sistema Italia” fallì e tutti si ritrovarono col culo per terra. 
Allora ci dissero: “Ma perchè non avete fatto nulla per impedirlo?”. 
A quel punto non potemmo che rispondere:
 “Andatevene affanculo!”

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